La Tomba del Tuffatore, un’interpretazione

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La tomba del tuffatore è un reperto conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Paestum, l’antica città greca di Poseidonia, in Campania. Rappresenta un’eccezionale testimonianza della pittura greca. Andiamo a saperne di più e a fornire un’interpretazione della tomba del tuffatore osservando anche la scena del salto dal trampolino raffigurata sulla lastra di copertura, come pure le altre altre lastre.

La tomba del tuffatore

La Tomba del tuffatore viene fatta risalire al 480-470 a.C. Ha una lunghezza di 220 cm e altezza di 110 cm. Lo spessore della lastra sommitale è di 18 cm. Le lastre in pietra sono completamente intonacate all’interno e affrescate. E’ stata scoperta dall’archeologo Mario Napoli nel 1968. Si tratta di un dipinto unico al mondo. Richiama certamente alla mente una raffigurazione vascolare intravista su qualche libro, una rivista. Inevitabilmente siamo pervasi da un pathos intenso di un mondo scomparso che è rimasto impresso sulle cinque lastre del sepolcro.

Cosa rappresenta la tomba del tuffatore?

La scena è nota. Sulle quattro pareti interne laterali è rappresentato un momento del tempo libero, conviviale, della società ellenica. Si tratta del simposio. Mentre su quella di copertura, risalta l’immagine di un giovane nudo, nell’atto di tuffarsi da un pilone in un mare irreale, un tuffo colto nell’attimo in cui l’atleta ha lasciato il trampolino, ma non ha ancora raggiunto le acque azzurre della sua meta. E’ librato nel cielo in un volo infinito.

Il dipinto fissa nell’affresco uno spaccato di vita greca del V secolo a.C.. È un momento di gioia, di spensierata giovinezza. Ci chiediamo chi sarà stato l’occupante di questa dimora. Un giovane! Probabilmente, un membro di quell’esuberante aristocratica società di Paestum, certamente prospera. Quindi, un giovane presumibilmente morto in gioventù, cioè nel momento più bello e più ricco dell’esistenza, quando il vigore fisico e lo slancio intellettuale sono al culmine.

Cosa contiene la tomba del tuffatore?

Ad avvalorare ciò è la descrizione del contenuto ritrovato al suo interno. Sono stati trovati una lira e tre vasetti dal vago richiamo femminile, cioè unguentari per profumi. Ovvero un lékythos e due alàbastron, il che lascia accarezzare l’ipotesi che possa trattarsi di un giovane èphebos.

Descrizione delle scene come rappresentazione della realtà dei tempi passati

La scena accoglie pure un momento di splendore della colonia greca, un’epoca di benessere e democrazia in ascesa dove le nubi dell’occupazione lucana ancora non si sono addensate sulla città. L’economia è forte e la cultura in sintonia con quelle della Magna Grecia. Tra le attività di svago della gioventù greca, significativo è il piacere di raccogliersi la sera per festeggiare un’occasione o una ricorrenza. Ad esempio, ci si riunisce in casa di amici o di qualche liberale anfitrione per trascorrervi ore notturne in allegria intorno a un desco appetitoso. Anche per festeggiare una vittoria. Intanto si conversa e si inseguono i brindisi e i canti conviviali. La gioventù rappresenta libertà, coraggio e amore. Il simposio con le sue specifiche connotazioni, con il suo rituale è una consuetudine tipicamente greca.

Bere vino come espressione di socialità

Il simposio diventa espressione di socialità, di stare bene insieme. Rappresenta bere vino, naturalmente in compagnia. Altrimenti diventa deprimente e avvilente. Si beve assieme perché il bere accomuna e consolida un’amicizia vera procurandone delle altre. Il bere scioglie la lingua, anima il dialogo e attiva la conversazione. Cantare e intonare inni di gioia, ridere permette di liberarsi dalle ansie quotidiane. Sono incontri di gaia intemperanza, dove si riconoscono due momenti sequenziali: nel primo prevale l’aspetto conviviale, per cui durante la cena si provvede soprattutto a mitigare l’appetito più che la sete. Nel secondo tempo, l’occasione è propizia per bere del vino stuzzicandolo con antipastini deposti sapientemente sui deschi in apposite scodelle di terracotta o di metallo pregiato.

Concluso il momento conviviale si ripulisce il pavimento, si ritirano le mense con gli avanzi del banchetto. Quindi si elegge il re del convito che dovrà dirigere la serata e regolamentare le bevute. Come pure introdurre gli argomenti e cadenzare i brindisi.

Ci si adagia sui letti

Sui letti intorno hanno preso posto gli ospiti a due a due. Si apre la cerimonia con i peana, i brindisi e i libagioni, che sono tappe d’obbligo nel rituale simposiaco. Un modo per accattivarsi il favore degli dei punto. Infatti la prima coppa è per loro, la seconda per gli eroi, la terza per Zeus Salvatore. Ma soprattutto si liba al genio benevolo che governerà la serata, ‘agathòs dàimon’.

Intanto l’atmosfera si riscalda, i sensi si acquisiscono e si materializza la ricerca del piacere carnale. Si dileguano i freni inibitori e i brindisi si susseguono: alla patria, l’ospite, alla bella.

I giochi

Le brocche vanno e vengono sempre più frequentemente e il vino scorre nelle gole assetate. Si gioca al còttabo che è un gioco conviviale. Si lanciano i residui di vino in fondo al bicchiere verso un bersaglio in bilico. Chi lo colpirà, facendolo cadere fragorosamente nel vassoio posto di sotto, avrà esaudito il desiderio appena pronunciato al momento del tiro, oppure vincerà la posta pattuita.

Ed è questo il momento fissato sulle pareti della tomba del tuffatore.

Siamo nel V secolo a. C., probabilmente nella prima metà. Il tempio di Nettuno è in costruzione o forse appena costruito, severo in tutta la sua lucentezza delle decorazioni. Paestum greca è al massimo del suo splendore. La scena affrescata alle pareti della tomba orienta per un personaggio giovane abbiamo detto. Ma indipendentemente dall’età, certamente l’episodio descritto ha attinenza con il mondo reale. Ed è impregnato di risvolti metaforici in sintonia con la civiltà e convincimenti religiosi della gente ellenica. Negli affreschi vediamo la cassa tombale che riproduce fedelmente l’ambiente simposiaco con la disposizione degli oggetti e dei partecipanti al cerimoniale.

Giochi e riposo

Accostate alle pareti lunghe due terne di lettini, detti ‘clìnai’, sui quali sono sdraiati a coppie alcuni simposiasti con efebi, il capo redimito da rami d’alloro. Accanto ad ogni letto si trova una mensa, ovvero un disco di servizio. Sul fondo, tra le due fila di letti troneggia inghirlandato un grande cratere. E’ il vaso del vino con manici e a bocca larga, da cui un giovinetto in disinvolta nudità ha appena attinto con una brocca, e sta con il braccio teso pronto a porgere. Di fronte nello spazio antistante e l’altra parete corta, è in atto uno spettacolo. Vi si muovono una piccola flautista, un altro efebo nudo che sventola una stola in un lascivo passo di danza e un terzo personaggio. Dal modo di vestire probabilmente un mimo o forse meglio il promotore dello spettacolo, il patron dei due artisti. Sui letti giacciono i banchettanti in atteggiamenti ed espressioni diverse. Uno ripone la lira che ha appena finito di pizzicare, per rivolgersi in modo discreto a guardare le effusioni amorose della coppia accanto. Questi a loro volta sembrano divorarsi con gli occhi, dimentichi delle tazze che stringono tra le mani. L’uomo della terza coppia appare estasiato dalle note del flauto del suo amasio. Di fronte, sull’altro lato, infine, tre ospiti giocano a cottabo. Mentre l’ultima coppia posati i bicchieri sui teschi, si esibisce in una esternazione amorosa alquanto vivace. Si tratta di una scena eloquente che attira la morbosità del vicino distraendolo dal gioco.

Considerazioni finali

È una trama pittorica che conferma come l’amore omosessuale presso i greci sia riservato a classi sociali intellettualmente evolute, dove la posizione della donna è in netta emarginazione.

Sul soffitto della cassa, quindi all’interno della lastra di copertura, c’è il tuffatore.

Quel gran tuffo che dovrebbe partire dalla sommità delle colonne d’Ercole per concludersi nelle acque dell’oceano per configurare il passaggio ideale dalla vita alla morte, dal mondo reale al regno dell’inconoscibile. Le colonne d’Ercole, baluardo terrestre posto dall’eroe all’estremità del mondo, segnano il confine al di là del quale c’è l’ignoto, l’extrasensoriale, ciò che non si può raggiungibile e che è a senso unidirezionale. Il regno dei morti non rappresenta solo un luogo tenebroso dell’impianto e disperazione, ma anche di felicità suprema. E’ il luogo del giardino delle delizie che viene assegnato ai virtuosi dove scorre il Lete, le cui acque tranquille hanno il potere di ingenerare serenità e oblio.

Il trapassato può riassaporare le dolcezze gustate in vita utilizzando quei mezzi che i parenti e gli amici hanno avuto cura di metterli accanto al momento della tumulazione. Ed ecco perché troviamo oggetti familiari nelle tombe ed il significato degli affreschi che li adornano.

Gli affreschi rappresentano un augurio e una certezza che accompagnano il morto nel suo viaggio senza ritorno. Come la vita gli fu resa dolce dal tenace e duraturo calore di un’amicizia o dal sentimento profondo dell’amore, questo auspicio è tale da volerlo accompagnare nel mondo ultraterreno.

Così osservando le immagini sepolcrali le figure diventano fresche, spontanee e l’ambiente si illumina. L’atmosfera diventa gaia e ritroviamo dei protagonisti al centro di un intrattenimento festoso o di momenti coinvolgenti, dove la gioia di vivere è tale che pervade anche noi.

https://www.periodicodaily.com/scoperti-due-nuovi-templi-a-paestum/

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