Un museo a misura d’uomo: Courtauld Institute

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Un museo a misura d’uomo

Un museo a misura d’uomo: Courtauld Institute. Il concerto di arte non è massificato. Cercare la qualità sopra ogni cosa è il bene stesso del senso dell’arte e dell’esporre.

Un museo a misura d’uomo: Courtauld Institute

Le opere proposte non sono migliaia, ma ‘solo’ centinaia. Tutte perfettamente restaurate, illuminate e descritte, in un paio d’ore si riesce a vederlo e a gustarlo completamente, all’uscita si ha un senso di soddisfazione ed appagamento. Se siamo sinceri con noi stessi, dobbiamo ammettere che quando entriamo baldanzosi e entusiasti in un grande museo, qualunque ne sia il contenuto, osserviamo con molta attenzione le prime tre stanze, soffermandoci a guardare e a commentare, se siamo in compagnia, ogni oggetto proposto. Leggiamo le didascalie, ahimè troppo sovente mal illuminate, poste troppo in basso o in gruppetti lontani dalle opere, anche se ora è più pratico fotografarle e poi leggerle sullo schermo del cellulare, nostro indispensabile compagno di vita.

Il susseguirse di emozioni

Le sale si susseguono, non sempre in maniera lineare, perché talvolta ci sono deviazioni che ci fanno perdere la logica del percorso, ma va bene lo stesso, il cammino prosegue lentamente da un’opera all’altra; verso la decima sala cominciamo a non leggere più tutte tutte le didascalie, e anche il nostro sguardo tende a soffermarsi solo sui soggetti particolarmente accattivanti e più famosi. Dopo circa due ore la nostra attenzione è ormai attratta per lo più dalle indicazioni delle toilette, del bar o dell’uscita. 

Un museo a misura d’uomo

La visita del megamuseo finisce così stancamente e con la sensazione di aver perduto qualcosa, un po’ come uscire a metà di un bellissimo film solo perché la poltrona era scomoda. Quando invece si ha la fortuna di entrare in un museo come il Courtauld Institute (Strand, Londra) il discorso cambia completamente: in un’elegante palazzina georgiana, le stanze di grandi dimensioni, ma non immense, sono poste su due piani, in una sequenza logica e praticamente obbligata, l’arredamento è elegante, con boiserie basse e colori chiari, pavimenti in legno, soffitti decorati e talvolta dipinti; l’impressione che offre è quella di andare in visita in una bella casa di un raffinato gentiluomo inglese.

Le opere sono centinaia e non migliaia

Le opere proposte non sono migliaia, ma «solo» centinaia, tutte perfettamente restaurate, illuminate e descritte, in un paio d’ore si riesce a vederlo e a gustarlo completamente, all’uscita si ha un senso di soddisfazione ed appagamento. Naturalmente alle pareti sono appesi molti capolavori assoluti, che evitiamo di descrivere per manifesta inadeguatezza, ci limitiamo a ricordare i nomi degli autori più noti, in ordine alfabetico per non far torti a nessuno: Botticelli, Pieter Brueghel il Vecchio, Cezanne, Cranach, Bernardo Daddi, Degas, Gauguin, Goya, Lorraine, Lotto, Manet, Massys, Palma il Vecchio, Parmigianino, Pietro da Cortona, Pulzone, Reynolds, Rubens, Seurat, van Dyck e, ovviamente, van Gogh.

Un museo a misura d’uomo

Naturalmente si tratta di attribuzioni certe e documentate e non quelle ‘generose’ che troppo sovente ci tocca di incontrare nei musei minori in giro per l’Europa. Ma non solo di arte figurativa vive un museo, anche le cosiddette arti decorative o applicate (termine brutto) o minori (termine pessimo), devono apparire nelle sale con pari dignità e attenzione. Nel Courtauld ci sono ampie vetrine dedicate alla maiolica italiana del Cinquecento, con rari piatti di Urbino della prima metà del XVI secolo, altre dedicate agli avori del tre, quattro e cinquecento o ai delicati vetri di Murano, particolarissimo è il piatto veneziano del Cinquecento, in ottone, con intarsi in argento e niello, realizzato in stile moresco recante le armi dei Sagredo al centro.

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