Tra le opere più toccanti presentate al Film Festival della Salute Mentale – in programma dal 10 al 13 aprile al Museo MAXXI di Roma – spicca Alberto Paolini, il nuovo cortometraggio firmato dalla giornalista e regista Anna Maria De Luca. Il film racconta la drammatica storia vera di un uomo rinchiuso ingiustamente in manicomio per 42 anni. Una denuncia profonda e delicata sulle ferite ancora aperte lasciate dalla psichiatria del passato, attraverso la voce e lo sguardo di chi ha conosciuto Alberto da vicino.
La storia di Alberto Paolini: 42 anni di ingiustizia e resilienza
Durante l’anno giubilare del 1950, il piccolo Alberto – orfano e in difficoltà – fu internato in manicomio per “ripulire” la città in vista degli eventi religiosi. Da quel momento, la sua vita fu segnata da un lungo silenzio istituzionale e da un isolamento che durò decenni. Il cortometraggio di Anna Maria De Luca, che ha conosciuto personalmente Alberto durante la presentazione del suo libro autobiografico Avevo solo le tasche, nasce dal desiderio di dare voce a chi è stato dimenticato dalla società.
Un’opera dal forte impatto emotivo e civile
Il cortometraggio Alberto Paolini non è solo un film, ma un atto di memoria. Realizzato con immagini raccolte durante le visite della regista all’amico Alberto, diventa un testamento visivo e umano. “Volevo che la sua storia fosse conosciuta anche da chi non l’ha mai incontrato”, racconta la De Luca. Il progetto è nato mentre Alberto era ricoverato per un femore rotto, nello stesso ospedale in cui era stato internato anni prima. Il giorno del suo funerale, la regista ha trovato nella cassetta della posta una lettera di Papa Francesco, scritta proprio per Alberto. Un momento simbolico e commovente che ha dato ulteriore forza al progetto.
Il significato della partecipazione al Film Festival della Salute Mentale
La proiezione al Festival romano dedicato alla salute mentale assume un valore particolarmente simbolico. “È come riportarlo a casa”, afferma Anna Maria De Luca. Dopo anni di internamento, Alberto era stato affidato a una struttura gestita dalla ASL e aveva finalmente trovato una piccola comunità che lo amava. Il cortometraggio diventa così un ponte tra memoria e sensibilizzazione, contribuendo a combattere lo stigma che ancora oggi colpisce chi vive o ha vissuto esperienze di disagio mentale.
Un’eredità di umanità e consapevolezza
Alberto Paolini è un’opera profondamente personale e sociale al tempo stesso. Un invito a riflettere sui diritti negati, sulla solitudine istituzionalizzata e sull’importanza dell’empatia. Il pubblico è chiamato non solo a commuoversi, ma a non dimenticare. Perché – come sottolinea la regista – “chi l’ha conosciuto l’ha amato. E chi non l’ha conosciuto, deve sapere chi è stato Alberto Paolini”.