Il concerto bolognese dei CCCP è un rito collettivo? Potremmo dire che una rito non solo musicale ma anche culturale, politico e sociale, un incontro intellettuale in cui la musica è il veicolo per arrivare al messaggio più importante.
Il concerto bolognese dei CCCP è un rito collettivo?
E siamo ancora lì quarant’anni dopo, non a Berlino, non a Carpi, non a Reggio, non a Modena ma nel cuore pulsante di Bologna. Quarant’anni dopo è Piazza Maggiore a ospitare il ritorno dei CCCP – Fedeli alla Linea. Il ritorno alla cultura musicale, alla ricerca del senso del linguaggio profondo dell’arte e di un concetto. I CCCP non sono un manifesto dimenticato ma una realtà che vive da una vita, libera delle realtà sociali ormai consone e fallimentari. Una proiezione sonora capace di attraversare il tempo. L’atteso concerto dei CCCP in Piazza Maggiore a Bologna apre il loro tour “In Fedeltà la Linea c’è”. Uno spettacolo lontano dall’essere un mero esercizio di nostalgia e che celebra il quarantesimo anniversario del loro esordio discografico con “Ortodossia”.
CCCP la realtà intellettuale della musica italiana
La performance si svolge in un crescendo lento e pulsante. Il gruppo nella sua formazione storica: Ferretti, Zamboni, Annarella e Fatur, che in questa cornice è arricchito dalla presenza di una band composta da Luca Rossi, Simone Filippi, Ezio Bonicelli, Simone Beneventi e Gabriele Genta. L’essenza dello spettacolo va oltre ogni aspettativa: è un cabaret grezzo, un tripudio di citazioni, con Annarella, “Benemerita Soubrette”, che alterna il Tricolore con l’elmetto alla bandiera rossa con falce e martello e la scritta PCI, mentre Fatur, “Artista del Popolo” porta sul palco oggetti, rottami che provocano insieme delirio, magia e surrealismo. I CCCP sono ancora all’apice del concetto del messaggio musicale e intellettuale.