Numero “Speciale” a cura di Maria Cristina Locuratolo e Giovanni Convertini
Il cinema, i progetti visionari, il genio italiano, il sodalizio artistico e l’amicizia con Johnny Depp: una meravigliosa chiaccherata di Maria Cristina Locuratolo (critica cinematografica) e Giovanni Convertini con Andrea Iervolino, produttore e imprenditore italo-canadese che ha reso noto il “made in Italy” nel mondo con i suoi film.
Andrea Iervolino: il segreto del suo successo
Audacia, talento, coraggio e una buona dose di sana follia hanno permesso a Andrea Iervolino, producer italo-canadese di fama internazionale, di conquistare una posizione nell’industria cinematografica e dell’audiovisivo, realizzando ben 114 film. Iervolino, “self made man” partito da Cassino con il sogno di “fare cinema” ha saputo anticipare e cavalcare le innovazioni tecnologiche, intercettare le tendenze e i gusti del pubblico, raccontare storie tutte italiane, rendendole fruibili al pubblico di tutto il mondo. Fondatore della Ilbe Entertainment, dopo aver conquistato Hollywood, Andrea ora punta ancora più in alto. Allo spazio.
Andrea, tu hai il merito di aver portato Hollywood in Italia grazie alla realizzazione di numerosi film: storie italiane star internazionali un nuovo modo di far conoscere il “made in Italy” nel mondo, come come è iniziata la tua avventura?
Allora la mia avventura… io oggi ho 36 anni, fra poco 37, e ho iniziato a produrre il mio primo film all’età di 15 anni e e quindi sono passati quasi 22 anni. Io sono un ragazzo che è nato a Cassino, in provincia di Frosinone, sono un ragazzo della provincia normale, in un posto dove il cinema non c’è, in un posto dove non ci sono questo tipo di professionalità.
Il primo film
Ho finanziato il mio primo film con quello che oggi chiamano il crowdfunding, un crowdfunding diciamo “old fashion”, come dico io, cioè c’è la famosa festa di paese. Sono andato a Cassino, negozio per negozio, a chiedere una sponsorship per il mio primo film che si chiama L’Innamorato e così ho raccolto €50 €100 €20. L’investitore più importante fu il dentista della città che mi offrì €500 e così mettendo insieme tutti queste piccole queste piccole raccolte e con i miei due amici storici abbiamo iniziato a fare il primo film.
La pellicola
Dovete pensare che all’epoca i film si facevano solo in pellicola. Oggi un film, diciamo, si può fare anche con un iPhone a 8k ma all’epoca questa cosa non era minimamente pensabile e ipotizzabile e solo la pellicola costava €90.000. Obiettivamente non avevamo accesso a tutti questi soldi cioè se avessimo comprato la pellicola non avremmo fatto più il film, quindi dovevamo per forza girare il film in un altro modo.
Le prime telecamere digitali
In un momento in cui il digitale non non esisteva nel cinema e non andava di moda neanche per le opere televisive di qualità ma si utilizzava il digitale “old fashion”, noi ci siamo adoperati per adattare le telecamere digitali del tempo, aumentando la qualità il più possibile, sperimentando a livello manuale i filtri da mettere. Quindi abbiamo inventato un mestiere che all’epoca non esisteva e il girare questi film in digitale fu la vera chiave di svolta per noi. Mi resi conto che questo poteva essere assolutamente un mezzo utilizzabile che avrebbe dominato praticamente il mondo della produzione.
I grandi produtori e i primi no
Iniziai ad approcciare grandi registi, grandi produttori che, letteralmente, quando io mi avvicinavo mi buttavano fuori dall’ufficio, io me ne andavo ovviamente umiliato però continuavo a credere nella mia idea. Grazie a questo sono riuscito, invece, a crearmi uno spazio in questa industria e quindi ho iniziato a fare tutta una serie di di film sociali, uno dopo l’altro e poi, la fortuna di incontrare un signore Luciano Martino, il mio mentore, il mio papà del business che mi diede anche l’opportunità di fare un film che si chiama Il Mercante di Venezia con Al Pacino che, all’epoca venne presentato, a Venezia.
Il digitale
Grazie al digitale, in sostanza, mi ritagliai il mio spazio. Poi quando mi avvicinavo all’età di 22 anni, in Italia, iniziavano a uscire la legge la virtual prank fee e gli incentivi per la digitalizzazione e capii che ormai il digitale stava per diventare la normalità e quindi da lì dissi “Ok, non posso essere più il ragazzo del digitale ma voglio inseguire il sogno di fare film internazionali e così con Luciano iniziammo ad approcciare le prime esperienze internazionali di messa in opera.
I film internazionali
Quando Luciano morì io avevo 24 anni; quel giorno ero a San Paolo perché cercando di portare avanti un film con John Travolta, film che non è stato mai fatto (in seguito ne feci altri con lui). Dopo Luciano, arrivò la mia socia Monica (Bakardi ndr) e abbiamo iniziato a fare tutta una serie di film internazionali. Quello che io ho cercato di fare nella mia vita fino ad oggi e che continuo a fare in continuazione, a costo di essere preso per folle, almeno all’inizio, cerco sempre di cavalcare un’onda di cose che ancora non esistono cioè io cerco sempre di capire l’industria, capendo quale è la prossima tecnologia che ci darà spazio. ll problema è che c’è chi non ti capisce e, quando le persone non ti capiscono, a volte ti interpretano male e ti possono vedere in modo negativo.
Andrea Iervolino l’imprenditore innamorato del cinema
Adesso abbiamo appena fatto il film Ferrari che costato 115 milioni ed è fatto in digitale, all’epoca ero visto come un folle, un pazzo. Con il mio modo di operare ti prendi dei grandi vantaggi ma anche dei grandissimi rischi e il più grande rischio è di non essere capito subito e magari vieni capito solo dopo tanto tempo. Questo è quello che sostanzialmente faccio io, più che essere un produttore, mi sento un un imprenditore dell’entertainment, innamorato del cinema perché oggi ho fatto 114 film e sono assolutamente innamorato dei film che ho fatto e di quelli che continuerò a fare. Io non mi fermo solo alla produzione di un film ma cerco di capire i meccanismi che ti portano alla produzione di un film e cambiare le regole del gioco, sfruttando di nuovo le tecnologie e i vantaggi che il mondo ci dà grazie all’evoluzione.
Torino: Andrea Iervolino con Mike Tyson alla presentazione di Bunny Man
GIANNI: Apro una parentesi, Andrea, normalmente quelli che sono considerati dei folli sono poi dei geni straordinari. Oggi abbiamo produttori che sono in grande crisi e tu stai continuando a produrre dei film veramente importanti; oggi a differenza di 22 anni fa cosa comporta il ruolo del produttore, quali sono le difficoltà?
Secondo me, rispetto a 22 anni fa, il ruolo del produttore oggi è un ruolo sempre più centrale. Solo 2 anni fa quando producevo un film per arrivare alla distribuzione del film dovevo fare tutta una serie di passaggi obbligati attraverso altre aziende e altri meccanismi, oggi invece il produttore ha un filo diretto con la distribuzione perché tu puoi fare anche un film e distribuirlo semplicemente in digitale ed è un singolo passaggio. Oggi se tu sei un produttore giovane riesci a mettere e a distribuire il tuo film da una piattaforma e quindi tu riesci ad avere la tua opportunità di distribuzione e di esposizione mentre all’epoca se tu non avevi la fiducia del CEO della società di distribuzione o del direttore marketing o del direttore della distribuzione non saresti mai arrivato ad avere un contatto con un cliente, quindi con un possibile viewer.
I canali di diffusione
Oggi se non sei in grado di fare un accordo con Apple, con Amazon, con le grande aziende, lo puoi fare con YouTube e lì puoi mettere quello che vuoi tu. YouTube è solo un canale di diffusione, ce ne sono tantissimi altri simili che ti danno accesso libero. In sintesi, oggi, la figura del produttore è inteso come filmmaker, cioè è una figura fondamentale ed è una figura che oggi è molto più rivalutata rispetto a prima.
La concorrenza
Oggi, in realtà, le possibilità per i giovani filmmaker sono infinite rispetto a prima ma ovviamente c’è anche più concorrenza. Secondo me arriveremo addirittura a un momento nella storia dove grazie alla tecnologia il filmmaker diventerà lo stesso viewer, cioè tu sarai in grado di fare un setup di una storia di quello che tu vuoi, di quello che tu vuoi vedere. a breve la seconda parte. Se vuoi ascoltare l’intervista integrale clicca qui: