“Dieci anni e ottantasette giorni”, in mostra a Firenze il progetto fotografico di Luisa Menazzi Moretti. La fotografia come espressione di un tempo e di un concetto.
Luisa Menazzi Moretti è l’espressione di un tempo e di un concetto?
Indubbiamente, l’artista ha un concetto unico. L’espressione del tempo e del suo più profondo significato: l’attesa. Condannati ad aspettare la morte per dieci anni e ottantasette giorni, in solitudine, in celle che misurano due metri per tre, avendo a disposizione solo una radio. Questo è il tempo medio e la condizione che attende un prigioniero nel braccio della morte di Livingstone, in Texas, prima dell’esecuzione. Diciassette immagini interpretano la condizione dei condannati in quel limbo, che poi è un inferno. Il progetto fotografico di Luisa Menazzi Moretti torna in Toscana, questa volta a Firenze, dopo essere stato a Berlino, Siena, Treviso e Brescia. La mostra intitolata Ten Years and Eighty-Seven Days, menzione speciale all’International Photography Awards di New York, sarà esposta presso la RFK International House of Human Rights del capoluogo toscano.
La forma e la sintesi
Le fotografie della Moretti danno forma ai pensieri degli uomini e delle donne che li hanno scritti e pronunciati in quella condizione di drammatica sospensione. L’opera adegua la solitudine al tempo. Definisce i silenzi, dando volto alla sofferenza. La sua capacità di identificare il concetto crea uno stato d’animo e definisce il pensiero da esprimere. Non ci sono i volti dei condannati, né la loro vita ritratta dentro le celle. Ci sono però immagini ispirate dalle parole nell’attesa che l’artista estrapola da lettere, diari, ultime dichiarazioni prima dell’iniezione letale.