Filippo Timi in ‘Salomè l’Ammazza Re’. L’attore, autore e regista, il 1 agosto alla Casa del Jazz. Non solo ‘I delitti del barlume’ per il bravo attore, ma anche situazioni diverse forse anche estremamente diverse.
Filippo Timi in ‘Salomè l’Ammazza Re’
I l talento di Mr. Filippo Timi è inesauribile. Attore, regista, drammaturgo, scrittore, pittore. Al cinema interpreta personaggi controversi, diretto da Bellocchio, Salvatores, Özpetek, o nella serialità con il thriller Dostoevskij dei fratelli D’Innocenzo. Irriverente e profondo a teatro, materia viva che plasma curioso. E fa la differenza, ancora una volta, con una nuova prova d’autore, Salòme l’Ammazza Re, opera di cui firma anche la regia. Sul palco rilegge il mito di Salomè, seducente danzatrice, e le sue contraddizioni: la violenza e il lirismo, l’incanto e il potere. Una prima nazionale che debutterà il 1 agosto alla Casa del Jazz. “Salomè è uno spettacolo sull’inarrivabilità, sulla giovinezza, la passione e sull’amore impossibile. Riflette tutto: vita e vitalità”, esordisce l’artista cinquantenne, perugino ma romano d’adozione, con tutto il fascino della sua voce baritonale.
La scena è la prova immediata della creatività?
“Assolutamente. Recito per il cielo nascosto dentro a ogni singolo spettatore. Un po’, diciamocelo, anche per mania di grandezza. Curo tutto, anche i costumi. È da giorni che attacco nastro adesivo giallo su gonne ottocentesche. In scena c’è un paracadute, un tappeto volante che si gonfia come un marshmallow — ride —. Questa pièce è un sogno attraente e terrificante. I personaggi sono ombre che non hanno carne e ossa. È tutto più sfumato, come Salomè. Uno dei capitoli per esempio l’ho intitolato Quanta dolcezza ci vuole per accettare la propria ferocia”.