L’81esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia ha visto come vincitore del Leone d’Oro per il Miglior Film Pedro Almodovar con “The Room Next Door”, una delicata riflessione sul tema dell’eutanasia. I Leoni d’Argento sono andati invece a “Vermiglio” di Maura Delpero per il Gran Premio della Giuria (film che tra l’altro andrà a rappresentare l’Italia ai prossimi Oscar) e a “The Brutalist” di Brady Corbet per la Miglior Regia.
The Brutalist
“The Brutalist” di Brady Corbet in particolare ha ricevuto anche il premio UNIMED, ovvero il premio insignito da una giuria di studenti di cinema provenienti da oltre 25 Paesi del Mediterraneo e creato dall’ “Unione delle Università del Mediterraneo”, con sede a Roma.
Nella motivazione data dalla giuria si legge: “Attraverso una narrazione potente sull’America del dopoguerra, “The Brutalist” affronta con coraggio temi come l’antisemitismo, l’esperienza migratoria e le dinamiche brutali del capitalismo. […] Incarna appieno lo spirito del Premio UNIMED, portando alla luce le intricate cause della violenza e della discriminazione, e celebrando al contempo la resilienza e la capacità di superare i conflitti”.
La trama
Il film segue la storia di László Tóth, architetto ungherese sopravvissuto all’Olocausto che si deve confrontare con la società degli Stati Uniti alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Inizialmente Tóth si ritrova a vivere nella miseria e nell’umiliazione, ma nei 30 anni che seguiamo sullo schermo riesce a cambiare drasticamente la propria vita, tra sacrifici e ostacoli. Il progresso e la modernità comportano infatti dinamiche brutali dove spesso vince chi si impone con violenza, e la realizzazione dell’ambito “sogno americano” deve prima superare pregiudizi culturali e sociali.
Il nostro commento
La regia è minimalista ma al tempo stesso imponente, con una sceneggiatura densa ma efficace, che trasmette allo spettatore lo scorrere degli anni ma anche la frustrazione che impregna il personaggio personale, perfettamente incarnato da Adrien Brody.
Ne nasce un’opera mastodontica, che immediatamente lascia la sensazione di poter diventare nel tempo un classico del cinema contemporaneo: un film che omaggia l’arte e il progresso invitando a riflettere sulle barriere culturali e sociali che troppo spesso ci legano a pregiudizi e conflitti. Così come accade nell’architettura che omaggia, anche la società necessita di fondamenta solide, e “The Brutalist” invita ad immaginare una Storia che non viene scritta con la violenza, bensì attraverso la comprensione e la collaborazione tra i popoli e le culture.