16 opere di Paola Cerruti Mainardi al Museo Borgogna

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Paola Cerruti Mainardi

Paola Cerruti è deceduta l’11 agosto del 2023 ma 16 delle sue opere, come da legato testamentario, sono ora al Museo Borgogna.
Figlia del senatore Carlo Cerruti (1900-1978), sposata con l’avvocato Guido Mainardi, nel giugno del 1979 insieme al fratello Leonida, aveva donato al Museo, in memoria del padre, il grande dipinto di Ambrogio Alciati raffigurante la cosiddetta “Dama in nero”, esposto al
secondo piano del Museo.

Chi era Paola Cerruti Mainardi?


Nata a Vercelli il 7 dicembre del 1932 e morta a Prarolo (Vercelli) l’11 agosto del 2023 all’età di quasi 91 anni, è stata membro del Consiglio di Amministrazione del Museo Borgogna, in rappresentanza della Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli, dal 2004 al 2013. La professoressa Paola Cerruti si è distinta per la sua carriera professionale in servizio per 40 anni all’Ospedale S. Andrea di Vercelli, in qualità di primario di Malattie Infettive (1970- 73) e poi (1974-2000) come primario di Pediatria. Fu la prima in Piemonte a organizzare una “banca del latte materno” nel 1971. Dedicò la sua carriera alla ricerca genetica e alla cura di malattie rare, in particolare le sindromi di Mowat-Wilson e Cri du chat. Diede avvio negli anni ottanta al Registro Italiano della Sindrome del Cri du chat, gestito oggi dall’Associazione omonima di San Casciano in Val di Pesa (Firenze), che Paola Cerruti contribuì a fondare nel 1995.

Le opere donate da Paola Cerruti Mainardi al Museo Borgogna

I dipinti

  • Sono quattro i dipinti di Antonio Ambrogio Alciati (Vercelli 1878 – Milano 1929), noto ritrattista vercellese. Oltre ai ritratti di donne e bambini di cui è sensibile indagatore, è presente anche una Leda col cigno testimone di un filone mitologico ed allegorico, in cui il pittore poteva dimostrare una maggior libertà stilistica e tecnica. I dipinti vanno a incrementare la collezione di opere di Alciati esposta al secondo piano, già arricchita dalla recente donazione della figlia del pittore Amelia.
  • Un grande paesaggio del pittore Carlo Follini (Domodossola, VCO 1848 – Pegli, GE 1938) richiama le ambientazioni della campagna piemontese a cui il pittore amava dedicarsi. Si formò presso l’Accademia Albertina di Torino con Antonio Fontanesi, studiando dal vero la pittura en plein air. Fu influenzato dalla maniera di Delleani, dalla scuola di Rivara e dai divisionisti lombardi ma con una personale cifra cromatica che emerge nelle pennellate materiche concentrate sulla resa luministica.
  • Un ritratto dell’attrice Eleonora Duse è realizzato dal napoletano Giuseppe De Sanctis (Napoli 1858–1924), già allievo di Domenico Morelli e docente presso il Reale Istituto di Belle Arti di Napoli. La nota musa e amante di Gabriele D’Annunzio era definita “la divina” come ci ricorda anche la dedica dipinta in rosso a destra sulla tela.
  • Due luminosissime opere sono di Giulio Aristide Sartorio (Roma, 1860 – 1932), un artista che fonde echi preraffaelliti con temi simbolisti. Viaggiatore e appassionato di fotografia, ritrae nelle figure la moglie e attrice italo-spagnola Marga Servilla con i figli Lucio e Lidia. In questa serie di opere, nella quale Sartorio riprende delle scene di vita famigliare attraverso le fotografie scattate sulla spiaggia di Fregene, esprime un nuovo attaccamento alla vita e agli affetti dopo l’esperienza della guerra, adotta nuovi timbri luministici e traduce con queste figure i simboli ideali di maternità.
  • Il piccolo Ritratto di Mitì e il busto femminile di un’altra modella si devono a Giuseppe Amisani (Mede Lomellina, PV 1881-Portofino, GE 1941), che aveva studiato a Brera con il maestro Cesare Tallone. Il pittore divideva con Alciati la fama di elegante ritrattista fra le attrici e per gli esponenti dell’alta società milanese, tanto da essere ricordato per il ritratto di Lyda Borelli (1887-1959), nota attrice e diva del cinema muto. Le due opere sono rappresentative della sua pennellata, densa e materica, spesso condotta con l’uso della spatola.
  • Un altro ritratto di Carlo Stragliati (Milano 1868 – 1925) documenta nel volto femminile esposto uno dei generi a cui il pittore si dedicò maggiormente. La modella ci fissa in una posa frontale, con una folta capigliatura bruna e grandi orecchini, resa con una tecnica ancora scapigliata.
  • La posa disinvolta e lo sguardo sfidante della signora in abito rosso, seduta sul bracciolo di una poltrona, dipinta da Giuseppe Palanti (Milano 1881 – 1946) con una pittura sfatta e vibrante, traducono l’interesse dell’artista, già allievo di Tallone, a indagare e cogliere attraverso le sembianze del volto, le peculiarità del carattere dell’effigiata. L’artista, che realizzò anche il grande ritratto di papa Pio XI (1924), si cimentò anche nella cartellonistica, come scenografo e figurinista per gli allestimenti di opere liriche al Teatro alla Scala di Milano e nella ceramica.

Le sculture

  • Tra le sculture troviamo l’incantevole bronzo di Enrico Astorri (San Lazzaro Alberoni, PC 1859 – Milano 1921) raffigurante una Bambina con fiori, che ricorda i prototipi della scultura cimiteriale cui l’artista si dedicò lasciandoci diverse opere al Cimitero monumentale di Milano, come la fanciulla con fiori della tomba Maroni del 1897. Nonostante le difficoltà impostegli da importanti problemi di salute, tra cui la perdita dell’udito a soli trent’anni, Enrico Astorri fu uno scultore prolifico ed attivo non solo in Italia, ma anche in Uruguay, Argentina e Russia dove riscosse largo successo negli ultimi anni del XIX secolo.
  • La nivea testa femminile firmata da Leonardo Bistolfi (Casale Monferrato, AL 1859 – La Loggia, TO 1933) rappresenta una delle diverse varianti della testa tratta da La Bellezza liberata dalla materia o L’Alpe del monumento a Giovanni Segantini a Saint Moritz. Il modello in gesso si trova presso il Museo Civico e Gipsoteca L. Bistolfi di Casale Monferrato. L’accurato trattamento della testa e del collo, estremamente levigati, crea un voluto contrasto con la bocciardatura rustica del retro del marmo, così come lo studiato gioco delle linee compositive accentua l’emergere della figura allegorica dalla pietra informe della montagna, come nel monumento a Segantini.
  • La pudica fanciulla nuda in bronzo di Attilio Prendoni (Milano 1874 – 1942) richiama soggetti scultorei diffusi nella produzione di genere di fine Ottocento. Formatosi a Brera, collaborò con Ernesto Bazzaro e fu definito diretto erede del maestro Giuseppe Grandi, protagonista in scultura della Scapigliatura milanese. Fu particolarmente attivo nella produzione funeraria e di genere e il suo monumento più importante è quello al garibaldino Francesco Cucchi (1920) a Bergamo.
  • Spicca la Testa femminile in marmo grigio, replica autografa del busto de La Vittoria del Piave, collocata sull’elegante pilastro originale che ne dichiara il soggetto, di Arrigo Minerbi (Ferrara 1881 – Padova 1960). L’artista realizzò diverse versioni dell’opera che rappresenta una delle sue sculture più importanti; lo stesso Gabriele D’Annunzio chiese una replica per il Vittoriale. Essa raffigura l’allegoria della Vittoria incatenata alle sponde del Piave nel giugno del 1918 durante la battaglia che sventò l’offensiva austriaca. A Ferrara, nella Torre della Vittoria, è collocato l’esemplare completo in bronzo del 1928 quale monumento commemorativo ai caduti. La sua produzione, che lui stesso definì del “vero ideale”, si muove tra influssi del Liberty italiano, della scultura tedesca coeva (come Adolfo Wildt) e del classicismo degli anni del Regime.
  • Tranne le due opere di Alciati raffiguranti la Leda con il cigno e lo studio di Renato per il ritratto di gruppo de “I bambini Moizzi”, che furono acquistati direttamente dai coniugi Paola Cerruti e Guido Mainardi dalla figlia del pittore Amelia, le altre opere provengono dall’eredità del senatore Carlo Cerruti, eletto nella I Legislatura al Senato nelle file del Partito Comunista italiano.

Dove vedere le opere della collezione

L’attuale allestimento provvisorio, che raduna tutte le opere nella sala che normalmente espone la serie di affreschi strappati del quattrocentesco Pittore della Passione, intende omaggiare la memoria e la generosità della donatrice a ridosso del primo anniversario della
sua scomparsa. Le opere, che sono state oggetto di un intervento di manutenzione conservativa e di una campagna fotografica, sono in fase di studio e saranno protagoniste, come per le altre donazioni ricevute, di iniziative di valorizzazione dedicate.
Il Museo Borgogna intende metterle a disposizione del pubblico prima di trasferirle e collocarle in modo coerente e con le relative didascalie nell’allestimento permanente lungo il percorso museale.


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