Festa del Cinema di Roma, Elisa Fuksas: “‘Marko Polo’ è il funerale al film che non ho potuto fare”

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(Adnkronos) –
Il fallimento come liberazione al centro del nuovo film di Elisa Fuksas ‘Marko Polo’, in anteprima alla 19esima edizione della Festa del Cinema di Roma. Arriva dopo ‘iSola’ e ‘Senza fine’ quello che la regista e scrittrice definisce “il funerale al film che non ho potuto fare, ma anche un miracolo”, dice Fuksas all’Adnkronos. Ci sono voluti 5 anni di scrittura, condensati in 10 giorni di riscrittura, per questa pellicola sperimentale, un caleidoscopico collage di materiali: scene di copioni spariti o cambiati o riadattati negli anni, diventano fantasie o evocazioni dei possibili film mai fatti. 

Fuksas, tra realtà e finzione, si trova a un bivio esistenziale quando il progetto cinematografico a cui ha lavorato per anni naufraga. Questo fallimento è l’inizio di una crisi profonda che mette in discussione non solo la sua carriera, ma anche la sua fede nel mondo, negli altri e in Dio. “Quando ti succede di fallire, ti ritrovi a chiederti in che modo successo e fallimento possano essere la stessa cosa”, prova a investigare la voce fuori campo di Elisa, prontamente interrotta da quella della Madonna (Iaia Forte) che, spazientita, la ammonisce: “sei pesante e piena di dubbi è questo il problema. Non puoi combattere per qualcosa in cui non credi più”. Desacralizzando la sua crisi, quella voce, quel pensiero forse delirante, quella figura sacra quanto profana, la spinge a reagire e a fare qualcosa: un pellegrinaggio.  

Fuksas decide di ascoltarla e partire per un viaggio in nave che è tutto un fallimento – a partire dal fatto che la nave avrebbe dovuto essere la Marko Polo e invece è un’altra – insieme a sua sorella Lavinia Fuksas, alla sua sceneggiatrice Elisa Casseri e a Flavio Furno, l’attore protagonista del film fallito, alla volta di Međugorje, luogo suggerito dalla Madonna di cui conoscono poco e niente; ma sarà il viaggio stesso, tra incertezze e speranze, il vero pellegrinaggio. Ognuno di loro ha un nodo da risolvere, dubbi da sciogliere, paure e voglia di capire. Ognuno di loro fa i conti con i propri fallimenti, trovando a bordo quello che non si aspettava. 

“In ‘Marko Polo’ esploro il fallimento. In una società come la nostra siamo costretti ad avere successo e non possiamo oscillare nei nostri risultati. Appena viene meno uno standard veniamo dimenticati. Questo film ti ricorda che c’è un’alternanza tra successo e fallimento”, spiega Fuksas. “È un film che si è costruito nel tempo, per accumulo di questioni e vita, che nasce dalla realtà e però se ne libera chiedendo alla sua rappresentazione di dare dignità ed “eternità” a un momento che verrebbe altrimenti dimenticato, anzi rimosso: quello, appunto, del fallimento. Che poi fallire non è il contrario di succedere, mentre fallimento e successo li usiamo sempre come contrari”. Ma è anche “un film sulla fede: non solo in Dio ma nel mondo, nell’altro e in quello che possiamo fare in questa piccola parentesi che si chiama vita”, conclude. 

 

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